sabato 13 ottobre 2012

II) Solennità dell'ingorgo mentale

Solennità dell'ingorgo mentale. Ovvero fasti del caos. Il viale è cosparso a pèrdita d'occhio di bianche rose appassite e di brezze orientali, come talvolta le sere, l'estate, lungo le coste salentine.

 Nel colmo dell'ingorgo, o forse fin dal suo preludiare, affatto vano sarebbe affaticarsi ad individuare i mendaci barlumi di una verità, o di un approdo emotivo, o di una certezza intellettuale atta a placare il terremoto che patisce l'io: quell'io eròico e ridìcolo residente ab aeterno nel Nulla. Meglio scrutare con assiduità e metodològico rigore, se mai, il contrasto acuminato fra l'indifferenza assoluta della realtà tutta e l'insòrgere senza cessa, all'interno dell'io, de' crepitanti e barocchi "bubboni" umani. Nell'uomo le arti svòlgono il còmpito d'illùderlo, la razionalità d'ingannarlo, la follìa di nobilitarlo. L'òrdine del Tutto si rimane alto e rebussìstico; gli effetti sull'umanità catastròfici.

Nella sontuosità dell'ingorgo mentale i colori tripùdiano, i mulinelli sono d'oro giallo, le làgrime rìvoli di miele e le urla scudisciate d'Eros. Oviamente l'estètica e la morale non hanno nulla in comune: e coloro che affermàssero il contrario sarèbero nemici imperdonàbili dell'uomo.

Entro l'ànima, sofferenze, spaesamenti, lutti sanguinosi, terrori, rinunzie, rassegnazioni sono sìmili a le donnette di paese che si confròntano la domènica in piazza, al tocco: fanno scena piena e formìcolano di pulsioni brillanti. La vita avanza al burrone mentre gli Iddii, agnoleschi puffi, sono ritratti in posa sorridente nel cielo di cartone. A ben considerare, càpita che la religione sia figlia all'estètica.

E' cosa savia vìvere un poì guardinghi, ma però non ossessionati dalla merda che ci sommerge copiosa e ci nutre quanto basta a scontare la vita. Fare come se niente fosse, come in vero niente è. Fìngere buon senso, equilibrio - inter nos parola vuota - esercitare la carità e la solidarietà con quella parsimonia chew la società suole additare e lodare in qualsisìasi caso. E' cosa savia assai vìvere come se la vita fosse ciò che appare agli occhi de' ciechi e de' cretini: un misto di bello e di brutto: con abituale prevalenza del bello. Oppure: osservare fatti e cose convergere verso sbilanciati ed opachi cerchi.

Osservare lentamente quest'acre moto nell'ànima e fuori, e la poesìa ristagnare sorniona sulle creste del magma e beffeggiarsi, e i rimorsi stemperarsi, e l'io raddolcirsi su se stesso: squallido giuoco, forse, del compatimento, o magari giuoco insulso del ritorno ad una nivea infanzia.

Osservare, lasciando respiro pur alle paure dell'esìstere e alle amarezze ìnfide degli inganni: quasi strozzati dallo spiegato vento del refrigerio. S'infràngono gravi e ritmate illusioni come onde nel silenzio su precisi impegni di dolore...

Osservare, e con determinazione negare all'èssere nostro il tepore bigio e fumoso del domani... E' auspicàbile indovinare i mondi, non v'ha dubbio, ma ancor più si raccomanda di spopolarli, vivendo.











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