lunedì 15 ottobre 2012
XXIII) L'arte è nemica della patria
Lungo le celebrazioni per il duecentocinquantèsimo anniversario dell'Unità d'Italia, s'è andato discorrendo del patrimonio stòrico dell'arte italiana come richiamo d'aggregazione e motivo d'unione del pòpolo italiano. In realtà nulla è più falso della concezione dell'arte come riferimento dell'appartenenza di un pòpolo. I geni sono figli dell'umanità, non di una gente, al pari delle òpere d'arte il cui valore e significato trascèndono le dimensioni del tempo e dello spazio. Né è legìttimo sostituire la sfera ètica con quella estètica, cui non è conceduto di succèdere alla "polìtica". Il Bello, inteso al godimento della pura forma, non è correlàbile alla "polis", volta all'organizzazione sociale dell'uomo.
Del resto, il sentimento della patria è affatto circoscritto, quello dell'arte s'espande ad infinitum. I grandi artisti non hanno patria, diceva De Musset. Bismarck appartiene alla Germania, Wagner al mondo. Bismarck ha fatto grande la Germania, Wagner il mondo. La patria è un "particulare" radicato nella realtà dell'immanenza; l'arte un assoluto. La patria è la coscienza di un'appartenenza; l'arte è la patria ideale del mondo, nel quale quell'appartenenza si dissolve e vanìfica.
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