sabato 13 ottobre 2012
VII) Amsterdam, nudo di vecchio
NB. Amsterdam si pronuncia ponendo l'accento sull'ùltima "a": Amsterdàm.
Nella buriana che infèrvora Amsterdam nei mesi estivi si distingue Leidseplein, piazza variopinta tra le più frequentate, che accoglie birrerìe, ristoranti, gelaterìe, teatri, coffee shop. Sullo spiazzo centrale, percorso da fulminanti tramwey, che per nessuna ragione al mondo rallenterèbbero la folle corsa verso il capolinea (quasi che poi non dovèssero tornar indietro), una torma di saltimbanchi, prestigiatori, clown, complessini musicali, mangiafuoco, caricaturisti e giocolieri si dà il cambio, dalla tarda mattinata a notte inoltrata, per intrattenere e svagare il popolo dei turisti ciondolanti e bendisposti.
Fra i consueti intrattenitori c'era un tempo un signore assai distinto. A prima vista pareva un professore di liceo, un farmacista d'antico stampo, un notaio di nòbile schiatta, un severo crìtico d'arte. Inforcava sul volto cavo e mitteleuropeo vecchi occhiali di similoro. Nulla da obiettare circa l'abbigliamento: giacca e cravatta. Giungeva in piazza con un valigetta nera ed una lunghìssima pèrtica che puntava sul terreno, agganciata con due corde ad un lampione e ad un albero. Apriva la valigetta e ne cavava un consunto mangianastri ed una cassetta musicale: il "Valzer delle Ore" del buon Ponchielli.
Mentre la musica si avviava e la gente dei cinque continenti si faceva d'attorno incuriosita, con ponderata calma lui si sfilava giacca, cravatta, camicia, pantaloni, calze e scarpe. Restava con un mini perizoma un po' sbrillentato sul davanti. Se non fosse stato per la pancia alquanto molliccia, il fìsico costoloso da ex atleta non avrebbe mai fatto supporre che il signore avesse abbondantemente superato la settantina. Quindi si ungeva le mani affilate e saliva ignudo sulla pèrtica con ritmo cadenzato, ossia valzeristico: quasi scimmia ammaestrata. Conquistato il cùlmine della pèrtica fra applausi misti d'affetto ed ironìa dei ventruti bevitori di birra e dei turisti nullafacenti, il Nostro si poneva perpendicolare alla pèrtica come fosse bandiera distesa al vento, roteando da destra a sinistra e viceversa. Esclamazioni, risa, incoraggiamenti nei più diversi idiomi. Ma, ad èssere sinceri, la piazza sottendeva un tàcito sentimento di pena, o di melanconìa, per quel nudo vecchietto che si moveva per miseria o, meglio, per folle narcisismo. Lui non ascoltava le grida dei ragazzi e dei bambini che lo pigliavano a gabbo ai piedi della pèrtica. Lui era in alto, ravvolto dalla nuvola del valzer ponchiellesco. Il suo esercizio sembrava sublimarsi ed assumere il significato di un disvelamento dell'èssere: in armonìa con il sole o, all'uopo, con le stelle.
L'uomo col perizoma non scorgeva più nessuno: non i tramway corsaioli, non l'onda dei turisti, non i cantambanchi rivali: non già perché avesse dimenticato nella cassetta gli occhiali oleosi, ma perché l'utopìa del cimento lo calamitava ed assorbiva in toto. Di lassù alzava l'ossuto braccio in segno di saluto. Attendeva per qualche secondo. Poi discendea lento lento: come ad assaporar la vittoria e l'annesse ovazioni. Poggiava i piedi per terra con un saltello fra gli "hurrà!" dei boccali di birra sollevati. Poi spengeva con malcelato rimpianto l'um-pa-pa del valzer, inforcava gli occhiali, si ravviava gli sparuti capelli, s'aggiustava il perizoma affiochito. Il pùbblico ormai non gli dava più retta, intento ad altre attrattive. Il professore staccava la pertica dal suolo, raccoglieva qualche centèsimo misericorde, si rivestiva con ordine e metodo, e se ne andava senza fretta. Imboccava un vicolo. Dove andasse nessuno lo sapeva, e, d'altronde nessuno ha mai avuto interesse a saperlo. Amsterdam è un dedalo di possibilità arcane...
In ogni caso lui sarebbe tornato dopo qualche ora.
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