sabato 13 ottobre 2012

XII) Disavventura romagnola


Di Rimini alli 31 di agosto 1992

E' un riarso meriggio. Armato de' migliori propòsiti parto di buon'ora dalla stazione Termini di Roma sull'intercity diretto a Bologna, dove giungo tre ore appresso. Scendo dal treno, un'altra ora e monto sul locale per Rimini: ne scendo trafelato di calura e d'aspettative, e secondo le premurose e provvide indicazioni ricevute dagli organizzatori del concerto cui assisterò, vado via lesto ad attendere sull'antistante pensilina l'autobus per Misano: sito cui spetta il vanto d'ospitare, assieme ad abbronzati battaglioni di tudescotte e nederlandesine inebriate da salsedine maccaroni e indigeni guardi machistici, il sedicente "Paul McCartney's Liverpool Oratorio". Un "Oratorio" che ad esser sinceri non può aver composto il beatlestico McCartney per la semplice ragione che non sapendo costui, per sua ammissione, scrivere ed esprimersi in notazione musicale al modo dei compositori, è da opinare che si sia ristretto a fischiettarne i motivuzzi zampillanti int'a capa sua all'òrgano uditorio di un divoto mestierante... Ecco l'autobus, che dopo aver esaudita una mezza dozzina di fermate lungo il fracassoso lungomare della Rimini-Rimini, in fine giunge: ma non a Misano bensì a Cesena, suo capolinea. "Che fare?" si sarebbe dimandato quello. Già il miglior partito sarebbe interrogare lo chaffeur dell'autobùs circa il modo di raggiùngere, ove possibile, Misano. E' ciò che ùmile intraprendo, ricevèndone in urbana rèplica: "Attèndere un altro autobùs, qui d'accanto, che recherà la S.V. alla dèbita destinazione". Imbrunisce ma l'àere si rimane pregna d'intatta calura, e di dispetto...

Attendo una mezz'ora. Deinde, d'un residuo e pietoso balzo èccomi sul fàusto veìcolo che m'abbisogna e che sfrecciando da una fermata all'altra, l'una distante dall'altra una cinquantina di metri, s'avvìa al desiato loco vieppiù infittèndosi di bagnanti sgocciolanti e semignudi, italioti e foresti a guisa di un'Europa unita nel concreto dei fatti e dei contatti. Per ammazzare il tempo del tragitto scambio quattro ciarle col benevolente conducente. Che in risposta mi dice crudele: "Ma Lei è diretto a Misano Adriatico o forse a Misano Brasile?". Quello d'Amleto non è stato per vero dubbio più atroce del mio in atto... Rimminchionito, m'industrio in un'inane e protratta pensata colle pupille al cielo e il trabalzo nei coglioni; poi romanticamente esclamo: "Boh!". Lui mi sovviene misericordioso: "Di preciso, dove deve andare?". Risorto e ad alta voce per patente orgoglio, faccio: "Al concerto di McCartney". Uno sguardo di contrizione per l'abissale ignoranza pervade il volto invermigliato del conducente che mogio si limita a ricuperare un'atavita saviezza: "Le conviene scendere al capolinea, nel centro di Misano Adriatico". Scendo secondo suggerimento.

 Liquefatto dal calore e simile a imbelle cera, risolvo di recare i bagagli e le mosce membra appo l'hotel graziosamente prenotatomi dall'ineffàbile organizzazione della manifestazione. Domando per vie e piazze di quell'albergo. Nessuno sa dov'esso sia. Ultima spe: un vecchierel canuto e arzillo, memoria storica della contrada, che mi certifica esser quel ricetto mica a Misano Adriatico ma a Misano Brasile. E che essendo distante ad un circa un chilometro, è meglio raggiungerlo coll'autobùs. Che passa ogni mezzora, Che infatti aspetto mezzora sotto l'ennèsima pensilina, lungo il caotico lungomare, il sudore che cola sulla faccia mia come la pioggia sul pineto, e i nervi che al paro di ranocchi folli mi guìzzano nel cranio.

Voilà il medesimo autobùs che avevo già utilizzato e che ora sta tornando in drio. Promana della pietà immensa degli occhi buoni del conducente: al vedermi risalire... Scendo a Misano Brasile, perdo una ventina di minuti, a tentoni e pencolante guadagno l'hotel come nel deserto l'oasi. Ma m'accorgo che è un miraggio: non è quello l'albergo che mi era stato comunicato dall'organizzazione. No sta da un'altra parte... Stremato più di una virtù esercitata, lo raggiungo. E' sera. Entro. Getto a terra gli intorcinati bagagli. Al banco della locanda una signora compassionevole risponde materna a nostra querula domanda: "No signore, il concerto di McCartney non si tiene a Misano Brasile, ma a Misano Adriatico, all'Arena. Le conviene prèndere...". La blocco sul compimento dell'infernal motto. Urlo. Chiedo verecondo perdono. Mi vien di piangere. Invoco un tassì. Accasciàndomi sul quale in un sonno disperato sono condotto verso l'Arena di Misa Adriatico. Il tassì esce dal paese, l'abbandona, sfreccia per antiche strade e immani campagne, s'interna nei bui più arcani di Romagna: osservo quei fari fendere fantasmi frignanti fra fuochi fatui: nessuna auto, nessun'ànima viva, nessun segno od atto di mondo sul pesto orizzonte. Taccio. Temo. Tremo.
Tiro un sospiro di sollievo allorché il tassista mi borbotta: "Siamo arrivati". Osservo meglio: l'Arena si delinea sprofondata nel metafìsico silenzio delle più esecrande tenebrie. Le giriamo attorno. Ci arrestiamo dove barbàgliano da lungi sinistri lucori... Manca poco all'inizio del concerto. Nessuna locandina, e ciò ch'è più bizzarro, non un solo spettatore. Guardinga perscrutatrice, una vettura dei vìgili urbani aggira la larvale e diserta costruzione. Scendo dal tassì, che se ne fugge via. M'accorgo di vagare nella notte sconfinata. Chiamo i vigili. Sono spariti. Deambulo, e invoco a postremo sostegno le ànime de' morti indìgeni...
Si sussèguono, pesanti come ciclòpici macigni, i minuti... Wow! m'imbatto in una congrega d'èsseri inabissati nel buio: sono accampati a ridosso di due pullman. In màniche di camicia se la sghignàzzano, màngiano accovacciati, trìncano, non subìscono ma accarèzzano quell'allucinazione kafkiana. Sono i professori ed i coristi dell'Orchestra di Praga scesi di Cecoslovacchia per dar corpo al summentovato concerto: ed ora abbandonati come me alla truce campagna, affidati ad una sorte vituperosa e grottesca. Frammezzo a loro s'aggira strabuzzato il direttore d'orchestra, ma non v'ha mènoma traccia dell'organizzatore... Da un ghiaccio altoparlante sugli spalti dell'Arena una calma e neutra voce donnesca reca il notturno annuncio: "Lo spettàcolo non ha luogo per motivi amministrativi". Non io, ma il pubblico evidentemente n'è già stato informato, della bidonata.

Persiste sotto le stelle il lezzo di una manifestazione musicale "all'italiana".

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