lunedì 15 ottobre 2012

XXV) La morte (e la mùsica)


La morte: suprema fregnaccia su le cui ginocchia è giocoforza posare una volta il capo. L'uomo si è consumato lungo i sècoli ad indagarla, e ogni volta che gli pareva di disvelarne il segreto sembiante, la di lei vorace bocca l'ha inghiottito. E non se n'è più saputo niente. Diceva Persio, de nihilo nihil.

Qualcuno della congrega dei savi la morte l'ha sminuita d'importanza. Jean Paul Sartre, ad esempio, l'ha giudicata un mero fatto al pari della nàscita: essa ci giunge dall'esterno e ci trasforma in esteriorità: "In fondo la morte non si distingue in alcun modo dalla nàscita: anzi, assoluta identità". Altri, come Wilhelm Dilthey, l'ha patita quale implacata "limitazione della vita", ed altri ancora, ad esempio Tomaso d'Aquino, l'ha fatta derivare da un ineliminàbile difetto dell'assoggettamento del corpo all'ànima...

Sono pochissimi a blandirla e benedirla. Platone la ritiene addirittura una manna, scesa ad affrancare l'ànima dalla fetenzìa corporea; e occorre giusto uno seràfico e càndido come Marc'Aurelio per sorrìderle benignamente poiché essa giunge a sottrarlo ad ogni impaccio e indecenza e ridicolàggine dell'umano soggiorno...

In somma, fintantoché se ne ragiona, la morte è cosa quasi costumata: addirittura ti barbaglia di lontano una qualche sua lusinghetta. Ma quando te la senti addosso, artigliosa e magalda, ecco ch'essa si fa più folle e screanzata di Aletto, Tisifone e Megera; e ti senti rapito dal magone più potente e feroce, ed il cielo annerisce, e il tuo cuore s'attorciglia più d'un uragano. Le parole assennate dispàiono, i concetti si svuotano della propria polpa, le teoresi si sciòlgono in inanità, e un sinistro ghigno fende ìspido l'ètere... E' allora, nell'incòmbere del bàratro, che le Muse onde esprìmere ed insieme medicare la disperazione del dramma in fieri si vòlgono alla loro sorella più materna e fonda: ambasciatrice sia in terra del reame degli angeli, sia in noi del nostro anelare alla salvezza dal gran misfatto: s'intende Euterpe, o sia la mùsica, voce d'amore postremo. Musica e morte, come amore e morte, appartengono a una medesima arcana sostanza. E come la memoria: dopo l'addio, il luogo supèrstite del ritrovarsi.

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