martedì 16 ottobre 2012

XXXI) La compostezza

I grandi eventi dell'emozione, i sentimenti profondi gòdono sempre di una profonda "compostezza", che li rende inamovìbili e inchiodati all'èterno sotto l'accavallarsi affannoso degli accadimenti, delle sensibilità, delle mode, dei gusti, ossia de' tempi. Non è questa la compostezza propria dell'aridità che suole celare dietro parvenze di decoro e di politezza un sostanziale vuoto di contenuti; né è la "compostezza" che si estenua sino a ad esaurirsi nel compiacimento celebrativo della propria bella forma, lasciàndosi dietro un acre solco d'insoddisfazione; né è quella "compostezza" che si studia d'arginare e mascherare alla meglio il tumultuare del magma sensoriale, vorticosa aspirazione ma non anèlito d'arte che ascenda e si diffonda in compiuta luce di poesìa.

La "compostezza" cui ci riferiamo è il resultato dell'armoniosa consapevolezza del possesso di un bene totale e inalienabile, che nutre la propria felicità, e dunque la propria bellezza (che sono analoga cosa), con la somma e la risoluzione delle tensioni - oltreché indistintamente emotive - intellettuali, civili e morali dell'èssere umano. E' la "compostezza" sovrana dell'uomo e dell'artista che riconosce se stesso nella coscienza di un fine conseguito da cui è esaltato e insieme pacificato con il mondo esterno a sé. E' la "compostezza" che ha idealmente arrestato il confuso fluire della Storia per estrarre e appalesare l'incorrutibilità e la perennità dei frammenti di cui la Storia è vertiginosamente costituita.
La "compostezza" nell'arte è il Classicismo. Nella sfera dell'interpretazione artìstica essa è l'immedesimazione con l'òpera d'arte, còlta nell'equilibrio fra la sua immanenza stòrica e la sua "intenzionalità" a valore assoluto. E' la cultura dell'intèrprete che prende possesso del dato poetico, circoscritto all'època che l'ha prodotto, e lo eleva ad una dimensione astorica ed extra temporale per rènderlo pensiero, o Logos, cristallizzato nell'infinito. Condotta dall'intèrprete ad una trascendenza di pace, l'òpera d'arte non appare più motto esteriore, eccedenza della forma e/o irrequietezza di contenuto, eccesso del sentimento o della ragione, bensì mònade aurorale che riflette l'immàgine dell'armonìa còsmica, il segno dell'illimitata potenza dello spìrito che quell'armonìa ha saputo "immaginare" a proprio desiderio e porre a propria meta finale. La "compostezza" dell'intèrprete fa sì che ogni tentativo di edonismo e di sensualismo sonori confessi amaramente il suo lìmite e la sua caducità; ma pure che il gretto filologismo s'infranga nel corso della superiore ascesa al respiro poetico.

L'intrprete autèntico non sollècita volgari maraviglie, non alletta con fàcili effetti, non infiamma con un virtuosismo tècnico fine a se stesso, non èccita gli istinti viscerali, non gratifica il cattivo gusto di chi gli è di fronte vìttima dell'ignoranza o della malafede dell'esecuzione. L'interprete di valore sa che l'arte non è foraggio al mondo, ma sottile e progressiva gioia dell'ànima.

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