domenica 14 ottobre 2012

XVII) Nietzsche o la grande illusione


Nietzsche, lirico e spietato, terrìbile tiranno dell'ànima e tenero come un bambino, disumano come un eroe e poeta romàntico nel cuore. Nietzsche, sensuale morboso e asceta divorato, elegantìssimo filòlogo tudesco e filòsofo dell'irrealtà, musicista fin nelle fibre più profonde e musicista mancato. La grandezza di Nietzsche fu tale perché egli non fu vero poeta , non vero filòsofo, non vero asceta, non vero musicista. Non fu nulla, e fu tutto. Suprema incarnazione dell'ideale del "dilettante": di colui che scorge ed afferra l'ansia della vita ed in nulla la risolve, bensì la volge ad una costellazione d'intuizioni vaganti e di dubbie contraddizioni - "dubbie" perché la massima contraddizione, quella dell'esistenza, fu per Nietzsche l'unico paradosso che rivelava, alla prova dei fatti, razionalità e chiarezza - onde la personalità si dilata a dismisura, svuota i dati, ne sfuma i contorni, poi, tragicamente libera, padrona del proprio abisso, giunge ad abbracciare l'impossìbile, l'Utopìa.
La vita, affermò Nietzsche, è fatta di singoli e rari istanti di altìssimo significato e d'infiniti intervalli ove d'intorno vàgano le ombre di quegli istanti. L'amore, la primavera, ogni bella melodìa, la montagna, la luna, il mare: tutto parla al cuore per una volta sola, seppur giunga mai a parlare. Giacché molti uòmini non possèggono affatto quegli istanti e sono essi stessi intervalli e pause nella sinfonìa della vita reale (così in "Umano, troppo umano" I). In Nietzsche vinse la brama di protrarre nell'eterno quell'"unica volta", quell'"istante": un' "ùnica volta" voler èssere poeta, un' "ùnica volta" filòsofo, asceta, musicista... Perché solo ciò che è sìngolo ed ùnico può essere assoluto. Gli scontri con la realtà - realtà che invece assolutizza soltanto gli "infiniti intervalli" e cresce nelle "pause" - fùrono agghiaccianti per il pensatore. Il suo dilettantismo metafìsico gli sarebbe costato la follìa, e l'Ubermensch, il superuomo nato dall'Olimpo goethiano, avrebbe in fine ceduto alla sorda ed indistruttìbile maggioranza che s'aggira fra le "ombre".

Forse perché fu la Mùsica il noùmeno che plasmò, infiammò e sconvolse lo spìrito nicciano, di là d'ogni altra entità d'inveramento dell'uomo e dell'artista - la Musica quale essenza della poesìa e persino dell'opus summum "Also sprach Zarathustra" - Nietzsche non potè mai essere un autèntico musicista: infatti il "dilettante" assoluto è più dilettante in ciò a cui aspira e anela.
Solo parzialmente ed in via subordinata, la mancata preparazione di base, l'insufficiente padronanza della tècnica e della costruzione formale, la dubbia possanza dell'originalità inventiva, l'incapacità d'orchestrazione contribuìrono a determinare gli èsiti negativi delle composizioni: esse non potèvano riuscire altrimenti considerando la natura psicològica e la struttura emotiva dell'autore. Come un desiderio che s'ingigantisca progressivamente fino a paralizzare chi lo viva: di quei supremi desideri che il destino assegna a l'umana limitatezza affinché non pòssano mai èsser appagati.
Avrebbe scritto Lou Andreas von Salomé, la letterata e psicanalista amica-amata di Nietzsche: "Più in alto si elevava, come filòsofo, più in profondità soffriva, come uomo, sotto il suo credo vitale. Questa battaglia dell'ànima, la vera fonte di tutta la sua ùltima filosofìa, che i suoi libri ed i suoi detti ci fanno intravedere appena incompiutamente, risuona forse in modo più toccante attraverso la mùsica di Nietzsche per il mio Lied (Inno alla vita)". Sono proprio la maniera toccante, la commozione, l'abituale violenza dell'intellettuale fàttasi bontà disarmata nell'aspirazione all'òpera d'arte musicale invano ambita che sùscitano il fàscino del mondo sonoro nicciano e dei suoi frammenti: non già le òpere in sé, impastate di una sensibilità sommaria ed accadèmica, vestite d'un linguaggio sovente elementare se non precario e approssimativo. Non di meno la commozione diviene unànime quando, all'ascolto, si intuìscono il travaglio e le illusioni mìtiche del dilettante che studiò con spaventèvole candore di gareggiare con i mostri sacri della Romantik: Schubert, Schumann, Chopin, Mendelssohn, Brahms; e ancora più in alto Beethoven, Bach, Palestrina... Gli parve che la storia della grande Mùsica s'inchinasse a lui che, autoritario demistificatore del sècolo, era pur innocente preda dell'assai sèmplice inganno. Wagner potè in cuor suo esultare per lo scacco subito dal pensatore: il Tempio di Bayreuth aveva trionfato ed imposto la nuova religione estetica a dispetto della volontà di palingènesi ètica ed artìstica cantata da Nietzsche nelle òpere letterarie e filosòfiche, e naufragata nella "mediocritas" di quegli inespressi sogni di suono.

Nietzsche, che all'età di dieci anni aveva preso a studiare pianoforte, com'èrano abituati i bambini d'ogni buona famiglia della borghesìa tedesca, ed a ùndici aveva fatto dono natalizio alla nonna di un Motetto, non compose più negli anni postremi. Tuttavia nel 1900, poco prima di morire tra le fitte nebbie della pazzìa, solo la Mùsica era rimasta oggetto della sua agonizzante attenzione mentale.

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