Nell'antica Grecia, i Sofisti ammaestràvano i giòvani (ed i non giòvani) a ragionare con rigore fin paradossale ed a parlare con virtuosismo dialèttico, consci dell'impossibilità di cògliere la presunta verità e persuasi della relatività del tutto.
Dicevano: non esiste un'Etica universalemente vàlida, non il bene e il male in assoluto, poiché ciò che è bene per l'uno è male per l'altro. La malattìa è un male per l'ammalato ma un bene per il mèdico; le scarpe logorate sono un male per chi le calza ma un bene per il calzolaio; la conquista di Troia fu un bene per gli Achei, ma un male per i Troiani; la morte è un male per il morituro, ma un bene per l'impresario di pompe fùnebri...
E cose sìmili i Sofisti solèvano dire intorno al bello e al brutto. Per i Macèdoni era bello che la donzella prima del matrimonio concedesse le sue grazie ad un uomo, ma per i Greci era brutto; i Lidi opinàvano cosa bella che una fanciulla dopo èssersi prostituita si sposasse, ma i Greci nient'affatto; i Traci giudicàvano bello il tatuaggio delle ragazze, altre genti lo applicàvano ai condannati. E, più in generale, le cose che càpitano a propòsito sono belle, ma se a sproposito le stesse sono brutte...
Anàloghe condiderazioni circa il vero ed il falso. Se si proclama la colpevolezza di un uomo perché ha giurato il falso, il discorso è vero se colui è spergiuro, ma è falso se è innocente. Se dieci persone in fila dichiàrano "io sono greco", il discorso è vero solo per coloro che sono greci, ma falso per gli altri...
La verità è che la verità non esiste: essa è una parola che si contraddice, e contraddicèndosi annulla ciò che vorrebbe pomposamente ed altezzosamente affermare. Ma almeno questa è una verità? Se così fosse, la verità esisterebbe, e sarebbe dunque falsa la precedente conclusione che la verità non esiste.... Per non lambiccarsi il cervello, per non impazzire, si elìmini dall'orizzonte speculativo l'insolùbile problema.
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